Tema.2

SEX-THING

 

 


 

 


 

  Sex-thing: neologismo del neologismo “sexting”, composto da sex (‘sesso’) e thing (‘cosa’), che sostituisce all’azione di ‘inviare SMS’ una cosa.  Questa cosa è il corpo stesso. Attraverso immagini e parole, il sex-thing vuole ridare carne al corpo, per parlare di quello che c’è dietro allo schermo. O del corpo stesso come schermo di sé, di sesso e cosa, di oggetti inanimati. Una natura morta. Un lemma ancora da definire. Con immagini e parole.  

 


 
 
 
 

INDICE

 

 

settembre 2021


Non c’è niente di più disumano

Maria Chiara Arduini


Superficie 

Lo sbocciare

Zsòfia Anna Dobrovich

    


solo 

Erika Di Felice


Autoritratti davanti a uno specchio

Anna Stagnaro 


San Prescazio è il reliquiario

Mikel Marini 


 

 

 

 

Non c’è niente di più disumano

Maria Chiara Arduini     

 

 

Non c’è niente di più disumano

del non poter essere tua senza pesi sul cuore

ma corpo che si contorce

dal piacere della tua lingua

mentre sventra il mio pudore.

 

Sono un corpo che non sa dire prendi,

quello che c’è è tutto questo

strascico di pianto e affetto.

Un corpo che oggi ha deciso

di essere corpo nudo

la poca carne che è rimasta

attaccata ai miei fianchi come carne

da strappare, toccare

fino a che non ci sarà più

nessun segreto.

 

Essere sicura che non c’è vera sostanza,

vero donarsi come un’ onda che diventa

onda nuova e mare, silenzio di incontro.

E non c’è niente di più cattivo

che dirti ti amo per trovare un motivo

di farti restare nel mio letto

un’altra notte.

 

Non sei più amore

dolcissimo arrivato alla fine dell’estate

ma lotta eterna – bruciare,

appartenere per sempre al ritmo del tuo respiro.

 

 

 


 

 

Superficie 

Lo sbocciare

 

Zsòfia Anna Dobrovich    

 

 

 

Zsòfia Anna Dobrovich   

 

 

 


 

 

 

solo 

Erika Di Felice 

 

 

solo  

 

nuda, diresti 

l’acqua che sollevi con la mano 

il braccio sfranto sullo specchio 

             lo sprofondare 

nella sutura del polso destro 

 

o come si rannicchia 

apre le gambe alle spalle 

del divano schiaccia i cuscini. 

 

Potresti dirle ti conosco, potresti 

spingere quel velo marcio 

tra te e ciò che credi di sapere 

 

c’è un precipizio nella sua bocca 

dove ti mangia nasce 

chiudendo gli occhi vede 

il punto sulla pancia dove resti. 

 

Ti costruisce una capanna – 

vecchie coperte stracci onde 

promesse vaghe di creazione – 

             e tu  

solo nuda la diresti. 

 

 

 


 

 

 

San Prescazio è il reliquiario 

Mikel Marini

 

Nient’altro che una pietra e l’ombra
che pesa ed è un coperchio,
non si alza stando al sole:
aggiungici una fossa
e hai già creato un mausoleo
decorato dalle crepe
dove vivono intrecciate
serpi, api e millepiedi.
Basta metterci la mano
per trovarsi ricoperti
dagli insetti che dispongono
un’araldica di larve,
da portare sottopelle.

 

Entrare nel sepolcro consegnandosi alle mosche
mentre dormi e sei un vivaio
non è certo un grande sforzo.
Ma se fatto ad occhi aperti,
come ha fatto San Prescazio,
che ha passato giorni interi
ricoprendo di saliva
le ferite rese varchi per i vermi!
Sai, asciugandosi con l’aria
avrà lasciato un odore tremendo,
ma piuttosto presto fede
giusto a pochi pellegrini:
passandoci davanti hanno sentito,
tra i lamenti,
un profumo celestiale.